martedì 31 dicembre 2013

Meno 4, 3, 2, 1 e....si ricomincia a contare!

1° gennaio 2014. È solo un numero in fondo, una data come molte altre nel calendario. In fondo
cos’è? Un’altra delle mille convenzioni che soddisfano il bisogno spontaneo di ordine. Un bel modo per poter alimentare l’attesa quando questa si fa pressante. Un metodo per invogliarci a fare count down o a tenerci sulle spine quando vorremmo che il tempo si fermi. 

Quando ero molto molto piccola il mio tempo era cadenzato dai ritmi scuola/vacanza, inverno/estate e per lungo tempo non ho mai percepito l’anno come quel lasso di tempo composto da 12 mesi e 365 giorni. Agosto è sempre stato la fine di qualcosa e settembre l’inizio di un’altra. E allo stesso modo maggio e giugno.
Le stagioni addirittura seguivano il corso dei semestri scolastici e probabilmente non c’era niente che non avesse un senso al di là della sua relazione con la scuola. Anche il periodo natalizio si faceva sentire già sui banchi di scuola ancor prima che se ne sentisse l’atmosfera generale.
Questo forse perché ho studiato dalle suore. E le suore hanno sempre avuto la tendenza a schematizzare qualsiasi cosa e a insegnare il ciclo della vita attraverso le festività sacre. E così verso marzo o aprile ritagliavamo rondinelle di cartone da attaccare alle pareti facendo in modo che sembrassero svolazzare su alberi fioriti e fiori di pesco. Il tutto ovviamente abbinato al santo più importante di quel mese. La primavera finiva quando le rondinelle di cartone venivano rimpiazzate da soli splendenti e ombrelloni. E poi il mese di maggio aveva una sua autonomia e una certa autorità. Il mese della Madonna e dei rosari infiniti snocciolati ad un rosario dimensione bimbo, ma solo per i grani multicolore. Il mese di maggio, fintanto che le suore lo hanno imposto, è sempre stato il mese dei fioretti. Io direi dei sacrifici, mastodontici per bambini di 7, 8 o 9 anni. La madonnina di gesso che troneggiava nell’atrio quadrato della nostra scuola era ghiotta di piccoli e grandi sacrifici. E tra i più gettonati c’era quello di non guardare Bim Bum Bam o non mangiare la nutella. Non ho mai capito perché tanto compiacimento nel vedere una massa di mocciosi soffrire senza la loro merenda a pane e nutella.
Ogni piccolo fioretto era ripagato però dalla certezza che dopo maggio c’erano le vacanze estive. E allora sì che un altro periodo dell’anno cominciava. 

Allo stesso modo si diceva addio ai secchielli e si cominciavano già a scrivere letterine di addii strappalacrime alle amiche di spiaggia ritornate nelle loro rispettive città e si faceva il punto della situazione tra matite colorate, colori a spirito e alla ricerca della cartella che avrebbe reso migliore la nostra reputazione nel piccolissimo mondo della scuola elementare.
E così di nuovo a salutare un nuovo inizio, a disegnare castagne e a cercare di imparare S. Martino.
Non c’era anno solare che riuscisse ad impormi tempistiche che fino ad una certa età sono appartenute solo agli adulti attorno a me. Natale cominciava con la devozione alla Madonna Immacolata, lo strazio dei canti e dei lavoretti di sughero (regolarmente fatti dalle suore perché altrimenti ci bruciavamo le dita!) e si sdoppiava nella pagana letterina pretenziosa a Babbo Natale e a One di Bim Bum Bam. Credo quelle letterine le leggesse Paolo Bonolis in persona ma finché ho avuto testardaggine per scriverle la mia fiducia in One è rimasta saldissima. Volevo a tutti i costi il disco di Fivelandia per Natale. Non ci sono mai riuscita!
Natale a scuola arrivava sempre prima personificato in un Bambin Gesù sovrappeso e anemico in una culla di legno. E per tanto tempo ho fatto confusione tra Gesù bambino e Babbo Natale. Il mio problema era riuscire ad accordare le due cose senza escluderne nessuna. È durata fino a quando ho deciso di escluderli entrambi.
In quel periodo sì che eravamo verso la fine dell’anno. E a parte prendere l’abitudine di scrivere 1990 invece di 1989 sulle date in cima ai dettati, per me nulla cambiava. Dopo Capodanno si aspettava la Befana e sulle tavole c’erano ancora gli stessi dolci di Natale e Santo Stefano.
Il mio anno nuovo cominciava il 7 gennaio, quando dovevo tornare a scuola e scrivere un tema su come avevo trascorso le vacanze natalizie. Dopo i primi due anni devo dire che eravamo allenatissimi. E con quattro frasi collaudate campavi tutte le elementari.

Questo era l’anno solare per me e i botti di capodanno mi mettevano in allerta per l’arrivo della Befana. Qualche volta mi dimenticavo anche di spostare i Re Magi più vicini alla culla del bambinello ma la calza della befana era pronta già dall’8 dicembre.
Ora che non sono più una bambina l’inizio di un anno nuovo è solo un alibi perfetto per ricominciare a fare le cose dal principio meglio di come le avevo fatte nell’anno appena salutato. È l’occasione per avere dei propositi e la Befana non l’aspetto più perché ci penso da sola a comprarmi quello che mi serve. L’unico onere che spetta alla Befana adesso è ricordarmi che inizia quella parte dell’anno in cui è meglio cominciare a mettere giù qualche chilo!

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