venerdì 24 maggio 2013

POST-IT 10 MAGGIO 2013

CREDO CHE DA OGGI, SU QUESTO BLOG, COMINCERANNO AD APPARIRE QUELLI CHE VOGLIO CHIAMARE POST-IT. CIò CHE SCRIVO NEI RITAGLI DI TEMPO, SCARABOCCHIO SUL MIO QUADERNO E CHE NON HO MAI TEMPO DI RICOPIARE QUI.



È difficile raccontare qualcosa che non si è mai visto prima e che si vive per la prima volta. 

È la sorpresa a monopolizzare lo sguardo, mentre le parole fanno fatica a trovare forme esplicative. 

Da 4 giorni in una terra che a ragione chiamo straniera e non ho più quell’abbondanza di vocaboli articolati che mi hanno sempre aiutato a scaricarmi gli occhi e il cuore.
Solo singoli termini a cui ricorrere a metà tra l’italiano e l’inglese.
SPAZIO.
Spazio per chi vuole arrivare, spazio per chi vuole privacy. Spazio per gli animali che pascolano liberi e per le case che si espandono in larghezza e mai in altezza.


Chissà se questa terra ci guarirà da tutti quei dolorini che come aghi ci hanno punzecchiato negli ultimi mesi. In realtà noi speriamo che questa terra di sorrisi e “how are you?” ci guarisca dal senso di rifiuto di cui ci siamo caricati senza volerlo.
Partire è stato un po’ come riprendersi la libertà che non abbiamo mai avuto. Ma riprendersi la libertà quando non ne hai mai goduto davvero equivale in realtà all’essere accompagnati fuori dalla porta.

Senza pensare a questo, è sufficiente fare il proprio ingresso in questa parte di mondo con lo spirito di chi sceglie di fare il sacrificio di mettersi un passo indietro per farne uno più lungo in avanti.
Mi piace questa terra di equilibri evidenti in cui non c’è l’ansia di aggiustare ciò che non va, ma solo l’onestà di non invadere lo spazio altrui.

Da poco ho avuto una breve conversazione con Madelaine. Il suo nome farebbe pensare ad una esile ragazza francese dai capelli biondi. E invece è nata qui, nel South Gippsland, è una tosta, piena di tatuaggi, persino sulle mani ne ha qualcuno. Ha i capelli prugna rasati sui lati e legati in un codino alto. Ha un piercing vistoso sull’occhio destro e parla un inglese incomprensibile a cui però oggi ho avuto il coraggio di avvicinarmi. Le ho chiesto, nel mio inglese improvvisamente temerario, se vive nel mio stesso paese. Bè, sono stata sfortunata. Se mi avesse detto si me la sarei cavata bene. Invece mi ha detto no e quindi ho dovuto capire tutta la spiegazione successiva con tanto di “r” palatali e “th” tra i denti appena accennate. L’intuito mi ha aiutata e mi ha aiutata anche il fatto che le ho chiesto di ripetere piano.
Quasi superato il jet lag , comincio a chiedermi come possa apparire la mia faccia vista da fuori. Forse perplessa, sicuramente molto attenta e concentrata.
Per adesso godo dell’alibi di essere arrivata 4 giorni fa.

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