Cosa succede quando sei in Australia da un mese,
pensi di aver trovato la tua dimensione linguistica ideale, ti senti pronto ad
incrementare la tua comunicatività e ti inorgoglisci per avere il controllo
della situazione quando meno te lo aspetti?
Succede che investi le tue energie sviluppando una
parte del cervello che, ne sei certo, ha dormito negli ultimi trent’anni e di
cui solo adesso realizzi l’esistenza.
Perché, diciamocelo, l’apprendimento di una lingua va
ben oltre i più avanzatissimi corsi a disposizione sul mercato. Abbiamo
imparato a dire “mamma”, “papà”, “pappa” e “cacca” prima ancora di imparare a
pronunciare il nostro nome e solo perché quelle erano le parole necessarie alla
nostra iniziale e limitatissima sfera d’azione. Automaticamente abbiamo preso a
ripetere quelle 4 parole a pappagallo e poi 5, e dopo 8 fino a quando i nostri
genitori si sono commossi per quanto fossero precoci i loro figli che a 3 anni erano in grado di esprimere concetti complessi.
Complessi per chi? Per un bambino di tre anni bombardato di stimoli linguistici
in continuazione.
Ma vi siete mai chiesti se guardando un cartone
animato, da piccolissimi o anche da grandicelli, alle elementari supponiamo,
riuscivate a capire tutte le parole?
Io me lo sono chiesto e la risposta ovviamente è no.
Forse per questo si possono spiegare registri linguistici così ridicoli (vedi
pupù per cacca, ciccia per carne, bua per dolore e chi più ne ha più ne metta!)
da far imbarazzare il bambino più emancipato. Ma sono stati inventati per
mettersi al livello dei cuccioli di uomini non ancora in grado di comprendere
una frase complessa e grammaticalmente troppo articolata.
Forse sto divagando, ma ragiono da italiana in un
paese straniero. La parte del mio cervello deputata all’apprendimento del
linguaggio ha ripreso a funzionare di recente, almeno così credo, ed è come se
al momento io fossi una bambina di un anno o forse due, che cerca di decifrare
un linguaggio attribuendo a quei suoni un senso compiuto.
Non è il massimo a 30 anni tornare a questo livello
primordiale di dipendenza e totale assenza di autonomia linguistica. Quello di
cui godo forse è lo spiccato spirito di sopravvivenza e l’indiscutibile
capacità di adattamento che probabilmente a 3 anni non avevo. Ma a pensarci bene
ce l’avevo anche a 3 anni. I bambini sono i più grandi sperimentatori!
Comunque sia, ecco cosa succede quando sei in terra
straniera, sola e devi necessariamente comunicare, anche con i soggetti
dall’accento più simile ad emigrati russi che stanno imparando il cinese ma che
come seconda lingua usano il norvegese!
Nessuno ci aveva preparato a questa varietà
scoraggiante di accenti, modi di dire, sinonimi fantasiosi e parole mozzate.
Qualcuno dei vostri professori di inglese è mai andato oltre la differenza che
esiste tra l’English British e l’American English? Bè, presumibilmente non ce
n’è mai stato tempo. Ma cavoli, io sono nella terra dell’assortimento
linguistico più scatenato!
Questo per dire che solo 5 giorni fa, mentre facevo
la spesa al supermercato e subito dopo aver avuto una mini conversazione con un
commesso 12enne timido (e la timidezza ti fa mangiare le parole più del normale
e in tutte le lingue!!!!) e con molti tick in merito alla possibilità che
vendessero un burro cacao (che qui chiamano con una varietà di termini, ma
chapstick è il mio preferito!), e non avendo ottenuto un grande risultato dato il biascicamento estremo del suddetto commesso che non sapeva nemmeno dove
fossero (si è limitato ad indicarmi il corridoio dei prodotti sanitari!), ho
deciso che sarebbe stato più utile chiedere ad una signora che come me cercava
qualcosa nello stesso scaffale.
Bene, che dire, la signora mi ha aiutata a trovare il
burro cacao, mi ha persino consigliato di comprare questa Paw Paw Cream
(provvedendo a fare anche lo spelling) e che l’avrei trovata dal Chemist. Si è
spinta persino a raccontarmi della sua bambina più piccola che dopo due giorni
di PawPaw Cream era tornata ad avere le labbra perfette. Insomma, non ci sono
stati intoppi, imprevisti e misunderstanding di nessun genere.
Quando accadono questi episodi imprevisti e
incoraggianti, devo ammetterlo, mi meraviglio anche un po’ di capire ogni
parola, persino qualche sfumatura nel discorso e di decifrare le intenzioni del
mio interlocutore. Sono botte di autostima e puoi quasi sentire il tuo cervello
pulsare sotto la calotta cranica, soddisfatto del suo buon lavoro.
Ma non va sempre così. Per questo adesso mi ritrovo
uno escavatore in giardino e mi sto ancora chiedendo se sia giusto che sia lì
in questo momento.
Ero seduta tranquillamente sul divano godendomi il
tepore proveniente dalla grande vetrata che dà sull’esterno, quando da quella
stessa vetrata mi giunge l’immagine di un furgoncino in avvicinamento proprio
davanti al mio giardino. Confesso che il primo pensiero inconscio è stato
“speriamo sia per il vicino”. Inutile dire che l’operaio era dietro la mia
porta dopo 20 secondi e….sono passata con un salto repentino
dall’emisferoitalian a quello australian.
La prima frase mi ha colpito come un pugno
dolorosissimo in faccia. È abbastanza credibile che nemmeno lui abbia capito
cosa ha detto. Gli ho chiesto di parlare piano, spiegandogli che non riesco a
capire tutto che sono italiana e blabla, la frase da prontuario dell’emigrato
in difficoltà, e lui ha ripetuto, non nascondendo un’espressione impaurita.
Così ho capito tubi, casa e machine.
Si trattava di un operaio addetto all’installazione
di tubi idraulici venuto per parcheggiare il suo escavatore in giardino in
vista dei lavori che partiranno domani mattina. Gli ho chiesto il nome e solo a
senso ho capito che si chiama Steve, pronunciato Stef, e che il suo cognome è
Martin (ma quello non lo avevo capito, l’ho letto sul retro del furgoncino!).
Si si, proprio Steve Martin, come l’attore americano. Solo che questo Steve è
prepotentemente australiano e monta tubi. Non mi ha fatto ridere come avrebbe
fatto lo Steve Martin famoso e una bella risata se l’è fatta lui quando ho
toccato il picco dell’incomunicabilità.
Una bella risata di petto, di quelle che portano a piegarsi all’indietro
e ad esibire il ventre prominente.
Ha parcheggiato il suo escavatore in giardino, mi ha salutato farfugliando qualcosa e se n'é andato via lasciandomi qui a guardare questa pala meccanica sotto la finestra della cucina e a chiedermi se sia giusto pagare per un corso di inglese se posso avere tutti gli Steve Martin d’Australia a ricordarmi che solo lo spirito di sopravvivenza mi spinge a migliorare i miei communication skills.
Ha parcheggiato il suo escavatore in giardino, mi ha salutato farfugliando qualcosa e se n'é andato via lasciandomi qui a guardare questa pala meccanica sotto la finestra della cucina e a chiedermi se sia giusto pagare per un corso di inglese se posso avere tutti gli Steve Martin d’Australia a ricordarmi che solo lo spirito di sopravvivenza mi spinge a migliorare i miei communication skills.
No, Chiara, non pagare per un corso. Neanche noi inglesi riusciamo a capire gli australiani! Era anche per questo che abbiamo mandato lì i loro antenati.
RispondiEliminaahaha, certo Paul! Inutile pagare per un corso qui, ho tutte le varietà a disposizione!
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