mercoledì 29 maggio 2013

Qui Babbo Natale è morto!

Dopo una giornata veramente busy, come dicono qui, accendo il pc e mi ritrovo a cercare qualcuno che
come me ha pensato di mettere su un blog sulla sua esperienza aussie. E ne trovo moltissimi. Non mi aspettavo però di leggere le stesse cose su ognuna di queste pagine. Da una parte trovo che sia senza dubbio utile ricevere info sull’evoluzione dei vari visti e sulle possibilità lavorative qui in Australia da chi in Australia ci vive, ma dall’altra parte credo anche che ogni storia abbia la sua traccia, ogni percorso la sua dose di fatalità e ogni vita il suo personalissimo risvolto personale. Perciò ritengo che eleggere ad esempi singoli casi di ragazzi che qui ce l’hanno fatta, o al contrario di altri che qui non hanno trovato l’America che cercavano sia sbagliato. Ognuno mette il suo e incontra sulla sua strada persone che non pensava avrebbe mai conosciuto, capaci di dare una svolta positiva alla propria esperienza, o anche no.

Questo per dire che mi piacerebbe leggere anche altro. Io vivo in un posto che è quanto di più lontano dalla frenetica vita della city. E mi piacerebbe davvero, attraverso le foto e i racconti portare a chi mi segue la bellezza di quello che c’è qui, una bellezza che il più delle volte viene dalle persone. Sicuramente siamo stati fortunati a capitare nel posto giusto e sicuramente ci sono moltissimi ragazzi che non possono dire la stessa cosa, ma è giusto che questa bellezza vada raccontata.
E la bellezza viene anche da ciò che le persone hanno da raccontare, il modo in cui provano a spiegarti l’Australia!
Oggi ho assistito alla conversazione tra “vecchi italiani e finlandesi”, cioè tra australiani non più molto italiani né finlandesi, in merito alle considerazioni delle classi sociali qui in Australia. Il discorso è nato dall’osservazione dell’uso diffuso di uniformi, sia nelle scuole che sui posti di lavoro. Da qui è venuto naturale osservare anche come non ci sia distinzione di lessico quando ci si rivolge ad un dottore o ad un contadino. Il rispetto è riservato a tutti e non esistono forme che incoraggiano l’esaltazione di una persona in base al suo ceto sociale e al suo background.
In merito allo stesso discorso ho trovato molto emozionate il discorso su Babbo Natale fatto da chi è nato nella patria di Babbo Natale. Questa cara signora con cui sto avendo a che fare mi diceva che non le piace l’idea di somministrare ai bambini una storia che bisognerà contraddire quando il bambino diventerà più grande, provocando in lui una delusione inutile. Per non parlare del fatto che il concetto di generosità legato al Natale e ai doni che Babbo Natale porta ai bambini è inevitabilmente fonte di malintesi atti solo ad incoraggiare le distinzioni di classi. Il bambino che proviene dalla famiglia più povera, lei diceva, si chiederà come mai ha ricevuto un maglione mentre il suo compagno di scuola un sacco ricco di giocattoli all’avanguardia. A ciò si aggiunge il fatto che ormai la multi etnicità esige un rispetto che deve essere in grado di superare l’ostinazione verso certi modi di fare!

Ed ecco che ogni giorno mi ritrovo inevitabilmente ad assorbire l’esperienza di vita di persone che, solo 3 mesi fa, non mi sarei mai aspettata di conoscere.
E mi sembra tutto così bello da vivere che non posso fare a meno di scriverlo qui, dove posso condividerlo. E dove so che quello che sperimento ogni giorno non richiede giudizio ma solo spirito di osservazione.

Non ho mai pensato che il giudizio conferisca valore a qualsivoglia idea. Esiste una individualità così preziosa in ognuno di noi, che basterebbe fermarsi ad ascoltare per arricchirsi senza pretendere di capire.

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