Dopo una giornata veramente busy, come dicono qui, accendo
il pc e mi ritrovo a cercare qualcuno che
come me ha pensato di mettere su un
blog sulla sua esperienza aussie. E ne trovo moltissimi. Non mi aspettavo però
di leggere le stesse cose su ognuna di queste pagine. Da una parte trovo che
sia senza dubbio utile ricevere info sull’evoluzione dei vari visti e sulle
possibilità lavorative qui in Australia da chi in Australia ci vive, ma dall’altra
parte credo anche che ogni storia abbia la sua traccia, ogni percorso la sua
dose di fatalità e ogni vita il suo personalissimo risvolto personale. Perciò
ritengo che eleggere ad esempi singoli casi di ragazzi che qui ce l’hanno
fatta, o al contrario di altri che qui non hanno trovato l’America che cercavano
sia sbagliato. Ognuno mette il suo e incontra sulla sua strada persone che non
pensava avrebbe mai conosciuto, capaci di dare una svolta positiva alla propria
esperienza, o anche no.
Questo per dire che mi piacerebbe leggere anche
altro. Io vivo in un posto che è quanto di più lontano dalla frenetica vita
della city. E mi piacerebbe davvero, attraverso le foto e i racconti portare a
chi mi segue la bellezza di quello che c’è qui, una bellezza che il più delle
volte viene dalle persone. Sicuramente siamo stati fortunati a capitare nel
posto giusto e sicuramente ci sono moltissimi ragazzi che non possono dire la
stessa cosa, ma è giusto che questa bellezza vada raccontata.
E la bellezza viene anche da ciò che le persone hanno
da raccontare, il modo in cui provano a spiegarti l’Australia!
Oggi ho assistito alla conversazione tra “vecchi
italiani e finlandesi”, cioè tra australiani non più molto italiani né finlandesi,
in merito alle considerazioni delle classi sociali qui in Australia. Il discorso
è nato dall’osservazione dell’uso diffuso di uniformi, sia nelle scuole che sui
posti di lavoro. Da qui è venuto naturale osservare anche come non ci sia
distinzione di lessico quando ci si rivolge ad un dottore o ad un contadino. Il
rispetto è riservato a tutti e non esistono forme che incoraggiano l’esaltazione
di una persona in base al suo ceto sociale e al suo background.
In merito allo stesso discorso ho trovato molto
emozionate il discorso su Babbo Natale fatto da chi è nato nella
patria di Babbo Natale. Questa cara signora con cui sto avendo a che fare mi
diceva che non le piace l’idea di somministrare ai bambini una storia che
bisognerà contraddire quando il bambino diventerà più grande, provocando in lui
una delusione inutile. Per non parlare del fatto che il concetto di generosità
legato al Natale e ai doni che Babbo Natale porta ai bambini è inevitabilmente
fonte di malintesi atti solo ad incoraggiare le distinzioni di classi. Il bambino che proviene dalla famiglia più povera, lei diceva, si chiederà come
mai ha ricevuto un maglione mentre il suo compagno di scuola un sacco ricco di
giocattoli all’avanguardia. A ciò si aggiunge il fatto che ormai la multi
etnicità esige un rispetto che deve essere in grado di superare l’ostinazione
verso certi modi di fare!
Ed ecco che ogni giorno mi ritrovo inevitabilmente ad
assorbire l’esperienza di vita di persone che, solo 3 mesi fa, non mi sarei mai
aspettata di conoscere.
E mi sembra tutto così bello da vivere che non posso
fare a meno di scriverlo qui, dove posso condividerlo. E dove so che quello che
sperimento ogni giorno non richiede giudizio ma solo spirito di osservazione.
Non ho mai pensato che il giudizio conferisca valore
a qualsivoglia idea. Esiste una individualità così preziosa in ognuno di noi,
che basterebbe fermarsi ad ascoltare per arricchirsi senza pretendere di
capire.
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