Nonostante
i buoni propositi, c’è sempre stato qualcosa a tenermi lontana da questo blog.
Che sia stata la vita che ho vissuto nelle ultime settimane, il tentativo di
non lasciarmi scappare nulla o la velocità, non saprei dirlo. Ma sono successe
tante cose. Ed è strano come le cose cambino in modo così rapido quando si è
alla ricerca di un po’ di stabilità.
Negli
ultimi tre anni in Italia abbiamo cercato in tutti i modi di costruirci
qualcosa che assomigliasse ad una casa, un posto dove tornare e di cui si
potesse avere la certezza. Non è stato facile e non è stato facile nemmeno
accettare l’evidenza, non c’era un modo per sentirsi sicuri e positivi.
E adesso
invece, a così tanti kilometri di distanza ci ritroviamo a vivere in una casa
che è molto al di sopra delle nostre aspettative, affacciata su un panorama alla
cui bellezza, sono sicura, non ci abitueremo mai.
Più volte
ho ribadito che l’Australia non è l’Eldorado e continuerò a ripeterlo finché
avrò modo di sperimentarla da dentro. Più passano i giorni più realizzo che non
c’è un posto che possa dirsi perfetto e se l’immagine della perfezione, che
così di frequente le viene attribuita, continua a resistere lo si deve
soprattutto alla forza del paragone. Fra l’Italia e l’Australia non ci sono
paragoni che siano degni di esistere. E poi perché dovrebbero. Qui siamo dall’altro
lato del mondo e anche se è vero che qualche volta “tutto il mondo è paese” è
anche vero che ogni paese ha la sua storia.
Sembra
ancora un paese pulito in cui le cose vengono gestite nella trasparenza della
loro naturalezza e dove il lavoro tiene lontano la maggior parte delle persone
dal cercare vie alternative.
Siamo
dovuti venire fin qui per sentirci un minimo tranquilli, lavorando e
guadagnandoci quello che abbiamo. Ma l’Italia è lontana, lontanissima e manca, perché
l’Italia è casa, la famiglia, gli amici e la spontaneità.
Forse
due giorni fa non avrei scritto quello che sto scrivendo ma quando la vita
corre così veloce attorno si fa presto a tirare le somme e a capire che
emigrare è un bisogno, una necessità, quasi sempre una costrizione che si
accetta di buon grado, ma quasi mai una scelta comoda.
Stiamo
sperimentando un mondo nuovo, ci stiamo confrontando con stili di vita di cui
non sapevamo nulla e ci stiamo ambientando nel migliore dei modi. Stiamo bene
ma siamo qui a sperare che in Italia stiano tutti bene, che le cose vadano
meglio per chi ci siamo lasciati alle spalle e a credere che le cose torneranno
ad essere rosee. Perché alla fine dei conti non riesci a lasciarti proprio
nulla alle spalle, se non un numero incalcolabile di kilometri.
Parlando
con un’amica che come me ha lasciato l’Italia per venire quaggiù sperando di
trovare un po’ di serenità, osservavamo che ci vuole coraggio per avventurarsi
così, ma ci vuole molto più coraggio a soffrirne perché la sofferenza sbiadisce
i propositi e ridimensiona l’impresa. Ma non si può fare a meno di pensare a
chi è rimasto in Italia quando invece vorresti avere tutti attorno, gli amici,
la famiglia, i nipoti. Perché la vita corre corre e intanto ti perdi un sacco
di cose che invece avresti voluto vivere.
Le chiamiamo
scelte e le scelte comportano quasi sempre rinunce che il più delle volte non
si è in grado di gestire perché necessitano solo di essere accettate per quello
che sono. L’Italia è un paese che fa piangere, di disperazione e di gioia perché
è dove ci è capitato di avere radici e da dove siamo partiti per sentirci più
forti.
Non c’è
modo di mettere in pari le cose. Vivere quaggiù è splendido ma il cuore non ha
trovato posto in valigia.
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